SPORTELLO LINGUISTICO VOLTO AL RECUPERO DELLE TRADIZIONI

Scritto da Maria CianciarusoMercoledì 06 Ottobre 2010 00:00

 

da "arbitalia.it

 

 

“Che lingua parlate?” - “Noi parliamo l’arbëresh”
di Maria Cianciaruso


 

  Questa è una delle domande più solite, che i parlanti di questa lingua strana e a tratti impronunciabile, sentono porsi mentre spesso parlano tra di loro. L’ arbëresh è una lingua che ha vagato per secoli, ed è arrivata fino a noi con sostanziali modifiche, è la lingua parlata dai nostri antenati, ma è anche la lingua che parleranno i nostri figli, per questo motivo va preservata e conservata. Grazie alla legge 482/1999 molto è stato fatto per tutelare questo idioma, e non solo, anche per tutelare gli usi, i costumi e le tradizioni, che dall’Albania sono arrivate in Italia. Tutela che, per i tre piccoli paesi, Carfizzi, San Nicola dell'Alto e Pallagorio, isolati dal resto dei paesi arbëreshë, vale molto. Grazie a tale legge è stato possibile istituire lo sportello linguistico, volto al recupero del grande patrimonio linguistico e culturale, ma anche sociale e civile di questi tre popoli. A Carfizzi lo sportello linguistico quest’anno è gestito dalla sottoscritta e Nikoleta Panajoti (che ha partecipato in tutti gli anni precedenti). Le nostre attività sono rivolte verso il recupero di tradizioni e usi che stanno scomparendo. Attività che comprendono anche giornate di accoglienza nei confronti di gruppi che vengono a visitare il paese. Attraverso alcune ricerche lessicografiche, infatti, si stanno riportando alla luce espressioni che sono scomparse o stanno scomparendo, come i giorni della settimana, oramai italianizzati, il bucato fatto lungo il fiume, che rivive nelle parole di un’anziana signora, registrate e poi trascritte, così come la settimana delle nozze, che fa rivivere tradizioni e usi persi, forse, per sempre. Noi  operatrici stiamo svolgendo, inoltre, un lavoro che metta in risalto le mutazioni che la lingua arbëreshe di Carfizzi ha subito e sta subendo nel corso degli anni. Questa “presa di coscienza” vuole, in un certo senso, mostrare la progressiva perdita dell’idioma originario dovuta ad una costante esposizione agli input della lingua italiana, e cercare di frenare, per quanto possibile, queste modifiche. Patrizia Curcio, che si occupa, invece, dello sportello linguistico di San Nicola dell’Alto, dopo aver svolto ricerche lessicografiche negli scorsi anni di istituzione dello sportello, quest’anno intende rivalutare l’aspetto turistico del paese, svolgendo una serie di attività che favoriscono la proiezione di San Nicola dell’Alto, in un circuito turisticamente più vasto, che parte dalle visite guidate, per arrivare agli incontri istituzionali, come la visita che le tre comunità del crotonese hanno ricevuto dai partecipanti del progetto VATRA. Infatti il 17 luglio i partecipanti delle Scuole Estive Internazionali a Camigliatello, organizzate nell’ambito del progetto VATRA, per il dialogo interculturale tra Italia e Balcani, organizzato dal Dipartimento di Linguistica dell’Università della Calabria, hanno visitato le tre comunità, rimanendo colpiti dall’accoglienza ricevuta e, soprattutto, dalla conservazione di un tratto distintivo delle comunità balcaniche, ovvero il dono dell’ospitalità. Nei tre paesi, infatti, i partecipanti sono stati accolti dalle istituzioni comunali e dalle operatrici linguistiche che si sono adoperate per l’ottima riuscita dell’evento.

 

A Pallagorio, invece, le attività dello sportello linguistico sono iniziate solo a partire dal 15 luglio ma, nonostante il breve lasso di tempo, l’operatrice Spina Cristina si è già adoperata per lo svolgimento di ricerche che vanno dalle forme augurali alle forme di saluto, con uno sguardo attento alla grammatica.

Tutti al lavoro, insomma, per tentare di salvaguardare quella che è la nostra storia, quelle che sono le nostre radici, per non dimenticare mai da dove proveniamo, anzi per essere consapevoli che la diversità è sinonimo di ricchezza. Che il parlare questa lingua strana è un tratto distintivo delle nostre personalità, che ci  distinguerà per sempre, e farà di noi delle persone diverse e forse speciali. Vivere in un paese arbëresh è un’esperienza unica, perché in questi piccoli borghi vivono e convivono elementi eterogenei, che riescono ad amalgamarsi in un connubio di colori, emozioni, e paesaggi che rimangono invariati nonostante l’inesorabile trascorrere del tempo. Ma la vera ricchezza di queste piccole oasi, in cui passato e presente convivono, sono le persone, dotate di una sensibilità unica, persone per cui l’accoglienza e l’ospitalità non sono solo parole, ma sono tratti distintivi del loro modo di essere, del loro vivere quotidiano.

Perciò ciò che tutti noi dobbiamo fare è portare avanti questi nostri tratti distintivi, il nostro appartenere alla comunità arbëreshe deve essere una ricchezza, deve essere il nostro punto di forza per uno sviluppo culturale e sociale che possa essere la vera fonte di valorizzazione delle immense risorse dei nostri paesi.