LE PECULIARITA' DI CARFIZZI INSIEME PASSATO E PRESENTE

Scritto da Maria CianciarusoVenerdì 07 Maggio 2010 00:00

 

da "Il Quotidiano della Calabria" del 7 maggio 2010

 

     Un borgo incastonato tra le verdi colline crotonesi, con alle spalle il mar Ionio e davanti lo splendido altopiano della Sila; questa è l'immagine che il piccolo centro arbëreshe da a chi vi sopraggiunge, ed è forse l'istantanea che rimane più impressa negli occhi dei visitatori. Un paese di 800 abitanti sospeso tra passato e presente, in cui si parla una lingua strana, a tratti impronunciabile per molti italofoni. Questa lingua ha viaggiato per 500 anni passando da parlante in  parlante, da padre in figlio ed è arrivata fin qui, questo è l'idioma parlato dai soldati di Skanderbeg giunti nelle nostre terre per sfuggire ai turchi. L'arbëreshe, questa lingua così antica, diventata oramai troppo distante dalla lingua madre, la lingua shqipe, è tutt'ora parlata da tutti gli abitanti di Carfizzi. Ma la lingua non è la sola cosa tramandata da generazione in generazione, i bambini di Carfizzi apprendono ancora oggi quello che è la cultura arbëreshe, la cultura dell'accoglienza, dell'ospitalità, quella cultura fatte da antiche tradizioni orafe, culinarie e manifatturiere. L'antico costume arbëreshe la "coha" è oggi visibile grazie a due esemplari appartenenti al comune, quest'abito veniva confezionato dalle sarte del paese per ogni ragazza ed andava indossato il giorno del matrimonio e il giorno del funerale, anche se ogni donna possedeva vestiti simili da usare tutti i giorni. Quest'abito è di colore nero, con una camicia bianca di sotto e una sottoveste di colore vivace e veniva ricamata a mano. Andava, generalmente, indossata coi i tradizionali gioielli appartenenti alla famiglia, anch'essi tramandati da madre in figlia. Gli ori degli albanesi sono delle stupende lavorazioni formate da pietre e perline lavorate con attenzione meticolosa. Queste riproduzioni vengono effettuate ancora oggi, soprattutto grazie al lavoro dell'orafo Domenico Viviani che, nelle sue opere, riesce a trasmettere i tratti tipici di una cultura antica. I ricami e le coperte della tradizione manifatturiera sono rinomati, sono creati con colori vivi, molte delle nostre nonne conservano le antiche coperte tessute alla "Gargalia", l'antico telaio, questi sono dei veri e propri capolavori di intreccio e minuzia, lavori che non hanno prezzo. Per i giovani queste parole sembrano favole, o meglio lo sembravano fino a un paio di anni fa, prima che si allestisse una mostra fotografica che comprende foto scattate fin dai primi anni del '900, la più antica, infatti, risale al 1901. Visitando questa mostra si può avere una visione di com'era Carfizzi una volta, di quando si lavorava il lino, di quando le donne indossavano la coha, di quando non c'erano strade. Si sa che le foto sono un'immagine rubata al tempo, qualcosa che ostacola l'inesorabile trascorrere del tempo, e rivedere quelle foto da l'impressione di rivivere un passato già vissuto dai nostri antenati, un passato che grazie ad una foto scattata per caso riesce a sopravvivere nonostante tutto.